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L’ULTIMA FESTA

4.1 8.2

Cosmo, all’anagrafe Marco Jacopo Bianchi, è un ragazzo dell’82 nato ad Ivrea, patria tra gli altri del buon Mattia Barro de L’Orso. Ho ascoltato L‘Ultima Festa con molto sospetto e molti pregiudizi partendo dall’idea di sentire l’ennesimo disco Elettro-POP italiano da depressi, che va tanto di moda ora. L’ho ascoltato e mi si è spalancato un mondo.

L’idea di base dopo un primo velocissimo ascolto e quella di sentire un qualcosa di lontanamente Battianeggiante sia dal punto di vista vocale (grande dote di Marco) ma anche per alcune immagini/frasi/situazioni presenti nei testi e rese spettacolarmente vivide dalle musiche più vive che mai, un’ elettronica anni 80 fatta di groove e synth con derive dance e sfumature, rare, di techno.  

Già tutto questo basterebbe per dire: un ottimo album. Ma c’è molto di più. Se lo si ascolta bene, interpretando i testi, informandosi quanto basta sulla vita di Marco e applicando i contenuti dell’Ultima Festa alla propria vita (almeno io ci ho provato),  viene fuori un qualcosa di molto più bello e profondo.

Partiamo da questo (riporto alcune parti di un’intervista fatta da Rockit a Cosmo): 

Il fatto di essere diventato di nuovo padre ha influenzato in qualche modo i contenuti della tua musica?
Non so dirti che influenza abbia avuto, credo abbia sicuramente dato un qualcosa di positivo all’umore generale. Non c’è tempo per le seghe mentali quando devi cambiare un pannolino, mordere il culetto di un bebè o sopportarlo piangere, o quando devi sederti sul divano con lui e fingere che stai salendo su un aereo o andare al parco e via dicendo. Lì pensi davvero che molte paranoie “sono tutte cazzate”.

Cosmo_Marco Jacopo Bianchi

Il fatto che un album sia impregnato anche di una felicità di fondo per cose concrete come la nascita di un figlio per me è tantissimo. L’Ultima Festa è in effetti un album sereno, sebbene l’aggettivo ULTIMA fa intendere un qualcosa che sta terminando, forse l’età delle cazzate appunto, del far casino e del non pensare, per concentrarsi su ciò che realmente conta (vedi il pannolino). Ci sono brani chiaramente festosi e positivi come L’altro mondo -> “Non ci penso e corro da te!” e canzoni come Dicembre dove si trattano temi molto più intimi e personali come del rapporto con un padre che non si è riusciti salutare/chiarire.

La nostalgia c’è in qualche pezzo, ma il mood generale è sereno, dal mio punto di vista. Sereno e ironico. Io sto bene (stress da musicista a parte), abbastanza concentrato sul presente, che cerco sempre di fermare, di godermi al massimo. La nostalgia per me è qualcosa che c’entra col futuro. Sento il tempo che passa e so che un giorno mi mancherà questo istante. Per cui cerco di divorarmelo, di farlo mio. Un’epoca peggiore? Dici peggio degli anni ’40? No, credo quest’epoca abbia in sé la merda e il cioccolatino che il capitalismo, limitandoci al periodo dalla nascita della società dei consumi in poi, ci offre costantemente con le sue crisi, con i suoi steroidi, con i suoi contentini e stronzatine piacevoli. La sostanza di questa società marcia era già tutta presente e sviluppata molti anni fa. Gli anni ’90, ’80, ecc non mi mancano. Per nulla. Non dirmi che si stava meglio. Eravamo più giovani, ecco. Ovvio che non era male. Ma non si può restare bambini a vita.

Poi vai avanti e c’è quel capolavoro di Regata 70 canzone che più di tutte è impregnata di questa bellissima nostalgia.  Qui sta il bello, perchè nonostante sia forse la canzone più intima/personale di tutte, risulta naturale sentirla propria e quel in te c’è qualcosa di diverso, qualcosa che non so, qualcosa che non vedo. Un mistero, una foresta…. diventa il tu di qualcuno che conosci.

Poi ci sono gli anni ’80 e tutto il resto è noia.

Brani consigliati: L’Altro Mondo, Cazzate e Regata 70

Mario

Laureato in economia, ma ciò che amo veramente è la musica e provo anche a scriverci qualcosa. “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie“ Follow @guerci_mario

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