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CAUSTIC LOVE

3.75 7.5

“Dov’eri finito Paolo?” Un po’ come “Fratello, dove sei?” dei Coen.

“In the end I went home, did a lot there, spent a good few months partying there, then I detoxed, then i retoxed”. “All the while I was writing along and recording little bits. Some of my friends are musical, some of them aren’t, but they all love music anyway. “I didn’t feel like I was wasting any time over these years, except for the six months I spent absolutely batty. I could have spent those much more wisely. I’d never even been to Ibiza till a few years ago…”.

Paolo Nutini

Ecco, diciamo che queste poche parole riassumono un po’ quel che è accaduto al buon Paolo in questi anni di assenza dai riflettori. Dopo cinque anni di silenzio e isolamento, il giovane talentuoso dalle origini italiane torna alla luce con un nuovo lavoro: “Caustic Love“. Album di 13 tracce uscito nel mercato il 13 aprile dell’anno corrente. E’ passato po’ di tempo dall’uscita dell’album, ma uno per scrivere una specie di recensione, l’album deve studiarlo, analizzarlo, ascoltarlo e riascoltarlo; annusarlo. Questo richiede del tempo, a chi più e a chi meno. Mi ricollego a quello che diceva il buon vecchio Samuele quando, parlando del primo singolo estratto, diceva “non sai mai cosa aspettarti con Paolo”. Ed è proprio vero.

L’album parte a mille con “Scream (Funk My Life Up)“. Canzone carica ed energetica, senza pensarci due volte la definirei in stile “Gabrieliano“. Già, tanto mi ricorda il funky/progressive di Peter Gabriel con sfondo di sintetizzatori e qualche strombettata qua e là. Si inizia molto bene quindi. I brani subito successivi sono un susseguirsi di canzonette in vero stile retro-soul, sembrano appena uscite da una compilation di Phil Spector. Validissime dal punto di vista esecutivo e strumentale, ma non di più. Bene ma non benissimo. Bisogna scalciare un po’ per arrivare alla successiva canzone degna di nota. “Better Man” è un titolo non fortunatissimo da dare ad una canzone. Io se leggo Better Man penso ai Pearl Jam, e tutto quello che ne consegue; ma Paolo qui ne esce a testa alta. Una ballata veramente piacevole, potrebbe rischiare di essere l’ennesima lagna sterile semi-depressiva, ma non lo è. Cosa la rende particolare? Il fatto che non vi è una virgola fuori posto, è limpida e perfetta. E’ qui che la voce di Paolo fa il suo ingresso trionfale, voce che io ripeto essere unica. Anche il testo non sminuisce la bellezza dell’esecuzione: …”That girl makes me wanna be a better man, ye sure she sees gonna treat her like a real men can”… Niente di più vero.

La seconda parte del disco assume note ancora più scure, suoni cupi e lontanamente psichedelici; soprattutto con la melodrammatica “Iron Sky“, dove trova spazio il monologo di Charlie Chaplin ne “Il grande dittatore”, voce di sottofondo che fa da apertura al crescendo finale di archi e fiati. Da repertorio. Chiudo con “Fashion“. Appena ho letto il titolo ho pensato subito a David Bowie (per chi non lo sapesse la Fashion diventata musica più famosa è proprio sua); e un po’ avevo ragione, c’è qualcosa del duca bianco, sopratutto nelle prime note di chitarra distorta. Un brano acido al punto giusto con quel giro gutturale, elettrica gracchiante e ciliegina sulla torta finale, venti secondi di rap femminile di Janelle Monae. Bella bella. Allora che dire, se un solo album tocca Peter Gabriel, sfiora leggermente i Pearl Jam, incrocia Bowie e viene condito con del soul, non posso fare altro che apprezzarlo e gustarmelo tutto.

Ma questo non è altro che Paolo. 

 

 

Mario

Laureato in economia, ma ciò che amo veramente è la musica e provo anche a scriverci qualcosa. “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie“ Follow @guerci_mario

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