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CLEOPATRA

3.75 7.5

Mentre gran parte del mondo musicale si sta spostando verso derive più elettroniche e moderne c’è ancora qualcuno che crede nelle origini del proprio operato. I The Lumineers ne sono la prova concreta. Sono passati ormai quattro anni dall’esordio straripante della band di Denver che li ha portati a scalare e raggiungere le vette di tutte le classifiche del mondo; spesso, il secondo album, in casi di gruppi come questi, può essere o la conferma di un fenomeno musicale interessante e concreto, oppure il degenerare verso un flop disastroso.

Ebbene Cleopatra è nettamente la riprova che i giovani musicisti folk rock del Colorado ci sanno fare eccome. I The Lumineers hanno scelto di non rivoluzionarsi, sono musicisti folk, amano il far cantare gli altri, hanno fatto dell’essere semplici e genuini il loro cavallo di battaglia e, dopo i risultati incredibili del primo disco, The Lumineers, hanno scelto la strada più semplice ma anche più rischiosa: seguire quelle musicalità che li hanno resi quello che sono.

Dopo un primo ascolto di Cleopatra il pensiero immediato è stato: no, aspetta un attimo, ma queste canzoni sono nuove o erano nel primo album? Si, perchè Cleopatra è il naturale proseguimento di The Lumineers. Una cosa che potrebbe far storcere il naso ai più, ma oggettivamente è un prodotto semplicemente azzeccato. Undici tracce (15 nella versione Deluxe), brevi e perfettamente orecchiabili che l’ascoltatore può fare proprie in men che non si dica. Canzoni semplicissime, fatte di pochissimi accordi, di pianoforte e dell’immancabile tamburone che, insieme al battere di mani, porta al ritornello universalmente cantabile. Il tutto è già sentito, il tutto può sembrare terribilmente fastidioso e ripetitivo, in un periodo dove chi non si rinnova è perduto, loro vanno controcorrente. Questo lo si può vedere come un merito, ci sono band che hanno fatto decenni a non cambiare di una virgola il proprio stile e sono entrate nell’olimpo musicale.

I testi parlano di vicende quotidiane, di piccoli drammi umani, voglia di rivincita e ovviamente di amori e di figure femminili: Ophelia, Cleopatra e Angela. L’apripista Sleep On The Floor è un degno omaggio a Thunder Road (non uccidetemi), si parla di andarsene dalla città natale, perchè non siamo fatti per annegare, “Cause if we don’t leave this town, we might never make it out
I was not born to drown, baby come on” e ancora “We’ll have driven through the stateWe’ll have driven through the night, baby come on”

Ophelia è una ragazza che aveva grandi piani e che quindi “she gotta move“, Cleopatra invece non ne aveva di piani ma era una grande attrice ed era in ritardo per tutto e soprattutto per amare, ma non alla fine:

I won’t be late for this, late for that, late for the love of my life And when I die alone, when I die alone, when I die I’ll be on time

Nella seconda parte del disco le musiche rallentano dolcemente lasciando spazio a brani più riflessivi ma non meno evocativi ed intensi, l’immediatezza comunicativa continua a farla da padrone: Gun Song con il suo lalallà, bellissimo il crescendo finale di In The Light fatto di batteria e piano.

Si arriva così alla conclusiva Patience dove, un solo e nostalgico pianoforte accompagna l’ascoltatore verso l’uscita e, una volta chiusa la porta, il tutto svanisce lasciandoti dentro però, un dolce e malinconico ricordo.

Tracce consigliate: Sleep On The Floor, Cleopatra, Patience

 

 

 

Mario

Laureato in economia, ma ciò che amo veramente è la musica e provo anche a scriverci qualcosa. “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie“ Follow @guerci_mario

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