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INTO THE WILD

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Dopo aver letto la bella recensione di ‘Into the wild‘ di Matteo qui, ho pensato subito all’altra parte interessante di questo film, la colonna sonora. Disco al quale sono molto affezionato, è spesso diventato colonna sonora dei miei numerosi viaggi in treno, che hanno anche una discreta componente wild, sviluppandosi per lo più lungo i percorsi dell’appennino ligure, passando dalle lande desertiche della pianura padana, fino a giungere alle terre del nord. Per non parlare dei mezzi preistorici, che rendono il contatto con la natura selvaggia ancora più diretto.

In ogni caso, il lavoro presenta le caratteristiche sia di una colonna sonora (alcuni pezzi sono molto brevi, evidentemente per necessità cinematografiche), sia di un vero e proprio album, che riesce a stare in piedi da solo, senza troppe sconnessioni tra le canzoni, ma anzi come svolgimento di un percorso personale di Vedder, immedesimato completamente in quello di Christopher McCandless, protagonista del film.

Inutile nasconderlo: è un disco tosto, con pochissime punte non dico di allegria ma almeno di brio. Mi capita spesso di addormentarmi mentre lo ascolto, anzi confesso che a volte Eddie viene usato a questo scopo. Non sentitelo mentre guidate. Comunque il fatto che duri solo 33 minuti rende le cose molto più semplici.

eddie vedder
Eddie Vedder invasato da Into the Wild.

Sean Penn, regista del film, chiese a Vedder del materiale per la colonna sonora: dopo aver visto alcuni spezzoni, l’artista si mise subito al lavoro, sfornando le prime idee appena tre giorni dopo. Penn rimase colpito, chiese altro materiale e le cose andarono avanti così per un po’.

Queste le parole del regista: “Avevo strutturato la mia sceneggiatura basandola su un accompagnamento sonoro che fosse viscerale e avesse anche delle componenti cantautorali. E’ stato durante le riprese del film che la voce di Eddie Vedder come cantante e autore di canzoni mi è venuta in mente come quella giusta per questo film. Un mese dopo aver accettato la mia proposta, queste grandi e toccanti canzoni gli uscivano a fiotti. Nessun’ altra voce fa fluire, sanguinare o gioire la giovane terra e il cuore americano così appassionatamente come quella di Vedder. Il suo contributo non solo alza considerevolmente l’impatto del film, ma credo che sarà un’indelebile raccolta indipendentemente dal film.”

Eddie Vedder e Sean Penn
Sean Penn e Eddie Vedder.

Vedder ha dichiarato che il fatto di scrivere seguendo una sceneggiatura facilitava molto le cose: “C’erano meno possibilità di scelta, la storia era lì, le scene erano lì (non restava altro che scrivere)”. Sulle sessioni di registrazione: “Mi sedevo semplicemente sulla sedia, mi mettevano tra le mani un basso fretless, mi passavano un mandolino, ci mettevano un secondo per fare il mixaggio di tutto quanto e poi scrivevo la voce. Era proprio veloce.” “E’ stato come se fossi andato in qualche strano luogo per una settimana o due, poi mi sono svegliato da questo stordimento, ed era tutto concluso. Non me lo ricordo molto bene.” Effettivamente il disco fa un po’ lo stesso effetto su chi lo ascolta, per una mezz’oretta si va in qualche luogo indefinito, abbastanza malinconico ma confortevole, per poi risvegliarsi nel vagone di un regionale, magari di fronte a qualche essere che ti sta fissando senza sosta da un sacco di tempo. Il primo brano, ‘Setting forth‘, è forse anche il mio preferito. Vedder riesce in un minuto e mezzo a descrivere il momento in cui ti lanci in qualcosa di nuovo, inizi un viaggio. Quella sensazione (forse illusione) tutta particolare di libertà ed eccitazione data dal contatto con la natura o dall’idea che partire e abbandonare tutto possa essere soluzione alle preoccupazioni:

Setting Forth

Be it no concern Point of no return Go foward in reverse

This I will recall Everytime I fall

Setting forth in the universe Setting forth in the universe

Out here, realigned A planet out of sight

Nature drunk and high

Che non ci siano preoccupazioni / Punto di non ritorno / Andare avanti all’indietro Questo mi ricorderò / Ogni volta che cado / Mettersi in viaggio nell’universo Qui fuori, riallineato / Un pianeta perso di vista / Natura ubriaca e alta

No Ceiling‘ è l’addio di chi lascia qualcuno che ama, sentendo il bisogno di intraprendere un cammino, anche se non si sa bene verso cosa. Le persone incontrate diventano parte del percorso, da portare nel cuore, anche se la separazione è dolorosa:

Certo come il mio respirare / Certo come il mio essere triste Terrò questa saggezza nella mia carne Me ne vado da qui credendo più di prima E c’è una ragione, una ragione per cui tornerò

anche se la solitudine diventa insopportabile:

Mentre cammino per l’emisfero / Ho il desiderio di sollevarmi e scomparire

l’autore ha la certezza che l’amore, l’affetto, non ha un limite fisico e può esistere ed essere libero anche se si è lontani o non compresi da chi si ama:

Sono stato ferito, sono stato guarito / Ora sono autorizzato per l’atterraggio Certo come il mio respirare / Certo come il mio essere triste Terrò questa saggezza nella mia carne Me ne vado da qui credendo più di prima Questo amore è senza limite

No ceiling

Comes the morning When I can feel That there’s nothing left to be concealed Moving on a scene surreal No, my heart will never Will never be far from here

Sure as I am breathing Sure as I’m sad I’ll keep this wisdom in my flesh I leave here believing more than I had And there’s a reason I’ll be A reason I’ll be back

As I walk The Hemisphere Got my wish To up and disappear

I been wounded I been healed Now for landing I been Landing I been cleared

Sure as I’m leaving Sure as I’m sad I’ll keep this wisdom In my flesh

I leave here believing More than I had This Love has got No Ceiling

 ‘Far behind‘ è in pieno stile Pearl Jam, è infatti la canzone più nervosa di tutto il disco. Giunti a questo punto bisogna ricordarsi che la batteria ci sta per abbandonare e che non la sentiremo per un po’. E’ saggio allarmarsi. Da qui in poi sarà dura, ma ne varrà la pena. Comunque la canzone parla di lasciarsi alle spalle un mondo diventato ormai insopportabile e rifugiarsi nella (finta, a mio parere) semplicità della vita bucolica, vecchia storia:

Le tasche vuote concederanno / Un più grande senso di ricchezza Perché contenerti come ogni altro libro su uno scaffale?

Impercettibili voci nel vento / Ascolta la verità che stanno raccontando Un mondo comincia dove finisce la strada Guardami mentre mi lascio tutto alle spalle __

Far behind

Take Leave the conscious mind Found myself to be so inclined

Why sleep in discontent? Oh the price of companionship

My shadow runs with me underneath the big wide sun My shadow comes with me as we leave it all we leave it all far fehind

Empty pockets will allow a greater sense of wealth

Why contain yourself like any other book on the shelf

My shadow lays with me underneath the big wide sun My shadow stays with me as we leave it all we leave it all far behind

Subtle voices in the wind, Hear the truth they’re telling A world begins where the road ends Watch me leave it all behind 

Rise‘ compete con ‘Setting forth’ per bellezza e semplicità. Prima di tutto il suono del mandolino mi ricorda automaticamente quando ero bambino: mio nonno aveva un mandolino appeso a un muro della stanza dove passavo i miei pomeriggi felici e quasi sempre cercavo di suonarlo, ovviamente senza mai imparare. Poi sono diventato autore di questo blog. Il brano è una riflessione sul significato dello stare al mondo e sulla necessità di alzarsi per non rimanere schiacciati dalle circostanze.

Lo smarrimento dato dalla mancanza di un punto certo:

Così va il mondo / Non puoi mai sapere Dove investire tutta la tua fede / E come crescerà

genera nell’autore il desiderio di prendere in mano la propria vita e trasformarla, partendo dalla propria dura esperienza, sfida difficile:

Mi alzerò / Bruciando buchi neri in memorie oscure Mi solleverò / Trasformando gli errori in oro

Tale è il passaggio del tempo Troppo veloce da piegare Improvvisamente ingoiato da segni / Guarda un po’

Mi alzerò / Troverò magneticamente la mia direzione Mi alzerò / Giocherò il mio asso nella manica 

Rise

Such is the way of the world You can never know Just where to put all your faith And how will it grow

Gonna rise up Burning back holes in dark memories Gonna rise up Turning mistakes into gold

Such is the passage of time Too fast to fold And suddenly swallowed by signs Low and behold

Gonna rise up Find my direction magnetically Gonna rise up Throw down my ace in the hole

 ‘Long nights‘ è una sofferenza, ma breve. Sarò breve anch’io. La solitudine, data appunto dalle lunghe notti, diventa per Eddie – Christopher momento di riflessione. Il tranello in cui rischia di cadere il protagonista è l’illusione che il raggiungimento della felicità sia migliorarsi, diventare meglio di quel che si è:

Non ho alcuna paura / Perché quando sono solo Sarò meglio di come ero prima / Ho questa luce Sarò in giro per crescere / Chi ero prima Non riesco a ricordare

Ho questa luce / E la volontà di mostrare Che sarò sempre meglio di prima __

Long nights

Have no fear For when I’m alone I’ll be better off than I was before

I’ve got this light I’ll be around to grow Who I was before I cannot recall

Long nights allow me to feel I’m falling, I am falling The lights go out Let me feel I’m falling I am falling safely to the ground

I’ll take this soul that’s inside me now Like a brand new friend I’ll forever know

I’ve got this light And the will to show I will always be better than before

Long nights allow me to feel I’m falling, I am falling The lights go out Let me feel I’m falling I am falling safely to the ground

 ‘Tuolumne‘ è un breve pezzo arpeggiato di sola chitarra, molto dolce. E’ il nome di una contea della California, ma anche di un fiume che la attraversa, partendo dalla Sierra Nevada:

 ‘Hard sun‘ è un brano orecchiabile, scritto in origine da un autore di Seattle, Gordon Peterson. La canzone parla del rapporto uomo – Terra, o madre natura, o quel che volete e delle solite menate che se la trattiamo male lei ne soffre. Niente di che, ma musicalmente apprezzabile.

Hard sun

When I walk beside her I am the better man When I look to leave her I always stagger back again Once I built an ivory tower So I could worship from above And when I climbed down to be set free She took me in again

There’s a big A big hard sun Beaten on the big people In the big hard world

When she comes to greet me She is mercy at my feet When I see her pin her charm She just throws it back at me Once I sought an early grave To find a better land She just smiled and laughed at me And took her blues back again

When I go to cross that river She is comfort by my side When I try to understand She just opens up her hands

Once I stood to lose her When I saw what I had done Bound down and flew away the hours Of her garden and her sun So I tried to warn her I’ll turn to see her weep 40 days and 40 nights And it’s still coming down on me

There’s a big A big hard sun Beaten on the big people In the big hard world

 ‘Society‘ è un inno, un po’ lagnoso, ma pieno di sostanza, contro la mentalità corrente, votata al guadagno e alla continua illusione di poter soddisfare i propri bisogni ammucchiando tante cose, alla fine inutili:

Pensi di dover volere / Più di quello di cui hai bisogno  Finchè non hai tutto non sarai libero

Quando vuoi più di quello che hai Pensi di averne bisogno  Quando pensi più di quello che vuoi / I tuoi pensieri cominciano a sanguinare

e contro il meccanismo perverso per cui chi ha di meno è considerato a un livello inferiore. Sicuramente una critica anche alla tipica mentalità americana, che dà molto peso al successo personale e alla posizione sociale.

Society

It’s a mystery to me We have a greed With which we have agreed

You think you have to want More than you need Until you have it all you won’t be free

Society, you’re a crazy breed I hope you’re not lonely without me

When you want more than you have You think you need And when you think more than you want Your thoughts begin to bleed

I think I need to find a bigger place ‘cos when you have more than you think You need more space

Society, crazy and deep I hope you’re not lonely without me

There’s those thinking more or less less is more But if less is more how you’re keeping score? Means for every point you make Your level drops Kinda like its starting from the top You can’t do that

Society, have mercy on me I hope you’re not angry if I disagree Society, crazy and deep I hope you’re not lonely without me

 ‘The wolf‘ fa da colonna sonora all’incontro tra Christopher e il lupo. Molto breve, sono dei mugolii di Vedder, accompagnati da un organo funebre. Non è vietato saltare.

 ‘End of the road‘: il titolo ci indica che ci stiamo avvicinando alla fine. Buon segno. Brano praticamente strumentale.

End of the road

Won’t be the last Won’t be the first

Find a way to where the sky meets the earth

It’s all right and all wrong For me it begins at the end of the road

We come and go

 ‘Guaranteed‘ è il brano conclusivo, pluripremiato e vincitore di un Golden Globe nel 2007. La canzone tira le fila di tutto l’album, ed è il capitolo finale del percorso personale affrontato dall’autore. Il punto principale è il riconoscimento che non è tanto importante perfezionare se stesso, liberandosi dalla ‘mentalità dominante’, quanto trovare qualcuno che lo accetti per quello che è, concetto rimarcato anche dalla frase conclusiva del film: “La felicità è reale solo se condivisa”:

Inginocchiato non c’è modo di essere libero Sollevando una tazza vuota, chiedo silenziosamente Che tutte le mie destinazioni accettino quello che sono io Così riesco a respirare

anche se rimane la convinzione di sentirsi in uno stato ‘superiore’, di disprezzo o anche compassione nei confronti di chi è rimasto ingabbiato nella cultura dominante:

Dei cerchi si espandono e ingoiano le persone per intero Per metà delle loro vite dicono buonanotte A mogli che non conosceranno mai Ho una mente piena di domande E un insegnante nella mia anima, va così

Non venire più vicino o dovrò andarmene I posti che attirano mi trattengono come la gravità Se mai ci fosse qualcuno per cui restare a casa Quel qualcuno saresti tu

(Vedder ha dichiarato che la strofa precedente si riferisce alla sorella di Christopher McCandless, Carine)

Tutti quelli che incontro, in gabbie che hanno comprato Pensano a me e al mio vagare, Ma io non sono mai quello che pensavano Ho la mia indignazione ma sono puro in tutti i miei pensieri Io sono vivo

Il vento è tra i miei capelli, mi sento parte di ogni posto Al di sotto del mio essere c’è una strada che è scomparsa A notte fonda sento gli alberi, Stanno cantando con i morti, lassù

Lascia che sia io a trovare un modo di essere Considerami un satellite sempre in orbita Conoscevo tutte le regole, ma le regole non mi conoscevano Garantito.

Segue silenzio di qualche minuto e una versione mugugnata (Humming version) della canzone, per la mazzata definitva.

Il finale, sia del film che dell’album, è amaro. Ma dopo queste ore passate a scrivere mi sorge una domanda: di fronte alla contraddizione e alla confusione della vita, vale la pena rivendicare la propria autonomia? A quale prezzo? O è più interessante riconoscere di essere dipendenti, bisognosi del rapporto con gli altri, anzi del rapporto con tutto?

Guaranteed

On bended knee is no way to be free Lifting up an empty cup I ask silently That all my destinations will accept the one that’s me So I can breath

Circles they grow and they swallow people whole Half their lives they say goodnight to wive’s they’ll never know Got a mind full of questions and a teacher in my soul So it goes

Don’t come closer or I’ll have to go Holding me like gravity are places that pull If ever there was someone to keep me at home It would be you

Everyone I come across in cages they bought They think of me and my wandering But I’m never what they thought Got my indignation but I’m pure in all my thoughts I’m alive

Wind in my hair, I feel part of everywhere Underneath my being is a road that disappeared Late at night I hear the trees They’re singing with the dead Overhead

Leave it to me as I find a way to be Consider me a satelite for ever orbiting I knew all the rules but the rules did not know me Guaranteed.

 

 

Luca

Non laureato, vivo ai margini della società. In genere mi interesso di cose che non interessano a nessuno. Da quando ho smesso di fumare ho cominciato a bere e comunque ho sempre voglia di fumare. Non so scrivere.

Un pensiero su “INTO THE WILD”

  1. Grazie perl la splendida spiegazione…erano anni che cercavo qualcosa di simile..
    Ho amato anche io il film e la colonna sonora…che è il mio modo di fuggire dalle paturnie in ufficio…dalla stronzaggine dei colleghi sempre pronti a sentenziare qualcosa alle giornate in cui non ti sembra di concludere niente…33 minuti di Eddie mi rilassano e mi fanno stare meglio..

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