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SIMPLE MINDS (1982-1985-1989)

4.55 9.1

Prologo:

nella lunga e mutevole storia musicale ci sono state band che hanno cambiato la storia, nomi entrati nell’olimpo della musica, chitarristi idolatrati e cantanti mistificati; all’estremo opposto si possono trovare invece quei gruppi “meteora” che nessuno si ricorderà e che nessuno rimpiangerà; infine nel mezzo di questa “finta categorizzazione” c’è il grande minestrone/calderone di band mediocri, grigie, nebbiose e tiepide.

Ma se si guarda con più attenzione è possibile identificare un altro tipo di band, una categoria a parte, ben rara ed eccezionale: quei gruppi che senza dubbio hanno cambiato ed influenzato in modo decisivo il loro periodo e ciò che sarebbe venuto poi, ma che invece senza alcun’apparente motivazione sono finiti nel grande dimenticatoio musicale o che comunque non sono rimasti nell’immaginario comune come i “grandi”.

Simple Minds
Simple Minds

I Simple Minds finiscono a mio parere in questa particolare categoria e rimangono ancora un mistero, molti alla domanda “Ma li conosci i Simple Minds?!”, rispondono con un secco no o con un vago scuotimento di capo. Ed io non posso rimanere indifferente a tutto questo, Jim Kerr e gli atri grandi scozzesi mi hanno ipnotizzato in questi ultimi anni e non posso fare a meno che provare a trasmettere a voi un po’ di queste sonorità strepitose che in questo periodo stanno riaffiorando in modo imponente.

Quindi ciò che state per leggere (spero fino all’ultima riga), non si tratta di una vera e propria recensione di un album, ma bensì un piccolo excursus attraverso gli anni in cui i Simple Minds hanno lasciato l’impronta più profonda, questi anni coincidono con i tre album più significativi della loro intera carriera: “New Gold Dream (81,82,83,84)”, “Once Upon Time” e “Street Fighting Years”.

-1982, “Qualcuno, da qualche parte (in estate)”-

Non poteva esserci frase più azzeccata per iniziare il nostro viaggio. Siamo nel 1982 e la band capitanata dal carismatico Jim Kerr è ormai matura abbastanza per fare il grande passo, l’ingresso nel gruppo del potente batterista Mel Gaynor rappresenta l’ultimo tassello del mosaico; i Simple Minds sono pronti, e proprio in quest’anno pubblicano New Gold Dream (81, 82, 83, 84)“.

L’album può essere definito quasi perfetto dal punto di vista tecnico, è proprio qua che iniziano a delinearsi quei suoni che fecero della band scozzese i promotori della New Wave: tappeti di tastiere, groove danzerecci, riff ipnotici e una profonda dose di syinthetizzatori.

“S, S in Summertime” è senza alcun dubbio la perla di questo 1982, l’inno musicale per eccellenza in grado di farti viaggiare per il mondo, basta un niente per trasfigurare in quel personaggio misterioso sperduto da qualche parte durante un’estate malinconica. E’ soprattutto il tappeto di tastiere che avvolge lo slogan cantato con voce sognante da Kerr che riesce a donare a tutto il brano quel non so che di mistico/fantastico.

“…Svegliamoci in giorni meravigliosi ombre di strade favolose cambieranno il tempo, i ricordi, bruceranno i ricordi gloriosi l’oro dei ricordi giornalieri mi cambierà, in questi tempi

da qualche parte c’è un posto che un milione di occhi non riescono a vedere e da qualche parte c’è qualcuno che riesce a vedere quel che vedo io

Qualcuno, da qualche parte in estate…”

Restiamo ancora per qualche momento nel lontano 1982, non si può lasciare quest’anno senza citare Glittering Prize, potente e dirompente brano dalle sonorità puramente ’80: un bellissimo riff di basso regge l’intera canzone dove tastiera e chitarra si rincorrono per poi incontrarsi nel ritornello creando così un’esplosione di suoni e colori.

Simple Minds Live -1985, “Vivi e vegeti”-

Si arriva così nel bel mezzo degli anni ’80, anni difficili; gruppi musicali saltavano fuori come funghi e solo in pochi venivano raccolti e valorizzati. Erano anni in cui o venivi allo scoperto con delle magie musicali oppure potevi soccombere sotto i colpi micidiali dei mostri sacri della musica.

Ed è proprio in questo periodo decisivo che il sangue scozzese si fa vedere; sono due le magie fatte, queste magie prendono il nome di “Alive And Kicking” e di “Don’t You (forget about me)”. Come spesso accade i più grandi successi nascono in modo totalmente inaspettato; siamo appunto nel 1985 e un certo Keith Forsey si sta occupando della colonna sonora del film The Breakfast Club”,di John Hughes. Forsey scrive il testo e le musiche, è convinto che sia un bel pezzo e così si rivolge a Bryan Ferry, leder dei Roxy Music che però declina l’offerta; lo stesso capita con Billy Idol.

Questi erano troppo pomposi per abbassarsi a cantare un “La, lalala, lalala…”, ed è così che la scelta ricade su di una strana band new wave di origine scozzese; i Simple Minds registrano il pezzo in meno di tre ore ed è subito successo.

Ok, arriviamo a ciò che la parola Simple Minds significa per me: Alive And Kicking. Il brano è contenuto nell’album “Once Upon Time del 1985, uno dei lavori di maggior successo della band. Sono, siamo in un periodo storico decisamente difficile: incertezza sul cosa fare, dove andare che lavoro fare, che studi intraprendere ecc. La reazione più immediata sarebbe quella di lasciarsi prendere dallo sconforto e dall’angoscia, ma non possiamo dimenticarci di una cosa: siamo vivi, vivi e scalcianti. Simple Minds Live Jim Kerr questo ce lo ricorda in modo dirompente e tonante, a suon di basso e percussioni; la canzone sembra costruita apposta per questo, sembra fatta per ridestarti, per svegliarti dal torpore della noia e della rassegnazione. Il punto centrale del brano è proprio verso la fine quando c’è un piccola pausa, la tastiera evoca note celestiali, la batteria pian piano riprende il suo colpire deciso e una voce femminile, calda e potente, fa da climax per il “parapara, parapa” finale, che in questo caso è esattamente quello che ci voleva.

“Che cosa farai quando le cose andranno male? Che cosa farai quando tutto crollerà? Che cosa farai quando l’amore ti distruggerà bruciandoti? Che cosa farai quando le fiamme saliranno? Chi verrà e cambierà il corso degli eventi? Cosa bisogna fare per far sopravvivere un sogno? Chi ha la facoltà per poter calmare la tempesta interiore? Non dire addio Non dire addio Nel secondo finale, chi ti salverà?

Vivo e vegeto Resta finché il tuo amore c’é, finché c’é, vivo”

Una delle versioni live più belle che abbia mai visto:

Street Fighting Years -1989, “Gli anni delle lotte per le strade”-

Ho deciso di chiudere questo breve viaggio con un brano diventato simbolo di quegli anni fatti di agitazioni e turbolenze, siamo nel 1988 e nello stadio di Wembley viene organizzato il Nelson Mandela 70th Birthday Tribute, un evento musicale a cui parteciparono numerosi artisti come Eric Clapton, Bruce Springsteen, Steve Wonder e tanti altri. Tra questi tanti altri c’erano anche i nostri Simple Minds che riuscirono a commuovere i cuori di molti grazie ad un’esecuzione spettacolare del brano intitolato “Mandela Day”. Brano sincero, niente sentimentalismi; ma una sincera presa di posizione contro il regime dell’apartheid sudafricano.

Siamo arrivati in fondo. Sono abbastanza stremato da questo viaggio attraverso gli anni ’80, ma credo ne sia valsa la pena, in primis per me; ripercorrendo la carriera di questa band sono saltati fuori canzoni ed aneddoti che non conoscevo e che con molto piacere ho riscoperto; in secondo luogo spero di avervi trasmesso almeno un po’ di interesse nei confronti di questo gruppo.

Simple Minds
Simple Minds

Un po’ snobbati e sminuiti per il “na, nanana, nanana” o per il “parapa, parapara” che diventò il loro cavallo di battaglia, presi in giro per l’apparenza da anti rock-star, dimenticati e spesso non associati ai loro grandi successi; i Simple Minds sono rimasti invece sempre all’agguato dietro l’angolo, pronti a saltare fuori ogni qual volta che in una qualsiasi parte del mondo, su di una qualsiasi stazione radio, veniva trasmessa Don’t You:

“questa canzone è famosissima… però non mi ricordo proprio il nome della band…”

 

 

Mario

Laureato in economia, ma ciò che amo veramente è la musica e provo anche a scriverci qualcosa. “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie“ Follow @guerci_mario

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