Stare bravi
Liede da quel poco che ho appreso è di Torino, città in fermento e grande fucina della scena indipendente italiana.
Liede è Francesco Roccati, ha 27 anni ed è uno dei tanti volti nuovi dello scenario indie italiano, universo ormai talmente saturo che è difficile orientarsi su ciò che vale la pena seguire e cosa invece, è meglio lasciar perdere.
Francesco Roccati è senz’altro uno da tenere d’occhio.
“In Stare Bravi c’è il peso delle occhiaie, la nostalgia per l’amore donato, ricevuto e mai capito, e il desiderio frenetico per le cose che ci si è appena lasciati sfuggire di mano.”
L’album d’esordio si chiama Stare Bravi, uscito non ho capito bene se l’11 o il 14 novembre e prodotto da Costello’s Records. Ciò che colpisce e piace di Stare Bravi non sono tanto le musiche, il più classico del synth/dream pop/elettronico che perfettamente si incanala nella moda del momento, che comunque non stanca, ma la particolare voce di Francesco e, soprattutto, la sua capacità nel raccontare e mettere insieme storie, alcune semplici ed immediate, altre decisamente più criptiche, ma dove, in entrambi i casi, traspare un’interessante profondità di contenuti. Stare Bravi raccoglie e porta in strofe e in musica i pensieri e le esperienze di un ragazzo qualunque ma, ancora una volta, sono pensieri ed esperienze in cui l’ascoltatore, chi più chi e meno, può ritrovarsi.
E quindi Stare Bravi, title track del disco, facilmente entra in testa, con quelle forti strofe finali: ma chissà poi cosa ci immaginiamo /cosa cerchiamo nei posti sbagliati / dentro il bagno di un ristorante / nel vino rosa nelle tue mutande / che un po’ ricorda la leggendaria Cosa Sarà dell’eterno Lucio Dalla. Il disco nel suo complesso è piacevole, non ci sono tracce che stufano, c’è il brano “commerciale” Le Finte Intellettuali, che musicalmente è azzaccatissimo, ci sono pezzi più malinconici e nostalgici come Corsica e altri più profondi come E’ stata soltanto un’idea.
A me Liede piace; il suo scrivere particolare lo aiuta a differenziarsi dal resto del branco, perchè saper comunicare in maniera interessante, oggi come oggi, è fondamentale per poter far dire: questo non lo skippo e me lo ascolto.