Ci sarebbe da scrivere un libro intero su di lui. Ma forse le parole in un libro non farebbero percepire quello che comunica con la musica. Parlo di Max Richter, in occasione del nuovo film di uno dei miei registi preferiti: Arrival, di Denis Villeneuve, con Amy Adams.
Non cerco mai troppe informazioni prima dell’uscita di un film, so che qualcosa mi rovinerebbe la sorpresa. Ma dai primi fotogrammi del film, visto in prima visione in lingua, dal primo “fade in” dal nero, senti quel violino.
Quelle note tristi, lente, che accompagnano un montaggio altrettanto triste. Mi viene da toccare dentro il mio amico per dirgli “è Max Richter”. Non lo faccio, per non rovinare il momento sicuramente, ma anche perché non ci sono riuscito.
Il salire del ritmo e la carica di emozioni mi tengono immobile.
Il brano si ripropone più in là nel film, dove lentamente i pezzi del puzzle si formano, e la musica, parte del puzzle, ti aiuta a capire, carpire il senso.
In quel duo di archi, uno più lento, note lunghe e tremule. L’altro altalenante, incalzante.
E scende una lacrima.
Un’altra volta, la musica completa il video. Un’altra volta, la musica parla a me. Una volta ancora, parla di me.
E ve lo propongo, invitandovi a guardare quel gran film di Arrival, un film che tra le tante cose che offre, dà uno sguardo diverso al mondo di oggi. E, magari, del futuro.
Max Richter, On The Nature Of Daylight.
Qui il brano: