Visto che oggi è il mio compleanno, voglio farvi un regalo…
In qualunque veste si presenti “the poet”, egli va preso più seriamente di chiunque altro. Volendo si potrebbe parlare solo delle sue canzoni e non basterebbe una vita per esaurirne la portata.
Egli disse, in un intervista, che tutto ormai era già stato detto; sì, aggiungo io, probabilmente da lui stesso.
Non potendo spaziare per la sua produzione, come farei per artisti meno camaleontici, per il rischio di perdere il controllo e scrivere un’enciclopedia, mi concentro su questo brano, tratto da uno degli album della conversione: “Slow train coming”.
Dylan non si è cero rammollito rispetto ai tempi in cui marciava per i diritti civili impugnando la chitarra come un’arma potente, e questo brano, che apre l’album, ne è la prova: “Devi servire qualcuno!”, o meglio, “Non puoi che servire qualcuno!”. Un bel calcio in bocca all’idea, tipicamente americana, del self-made man!
Tu puoi essere di qui o di la, puoi fare questo o quest’altro –l’elenco è abbastanza esaustivo- ma non puoi non servire qualcuno!
“He could be the devil,
or He could be the Lord,
but you gonna have to serve somebody!”
Questa canzone, nella sua apparente semplicità, ha a che fare col significato dell’esistenza. Paragonatevi con essa. Paragonatevi sempre con Dylan!
PS: E se in più vi dicessi: Mark Knopfler alla chitarra..?