Robert Johnson è considerato il più grande bluesman di tutti i tempi. La sua vita sfuma nella leggenda. Si dice che abbia venduto l’anima al diavolo, incontrato presso un “crossroad”, in cambio del suo straordinario talento. Si dice che sparì per un po’ dalla circolazione, da mediocre chitarrista, che qualcuno lo vide, di notte, suonare nei cimiteri per poi tornare in abiti eleganti, trasfigurato, tecnicamente onnipotente.
I suoi testi non smentiscono le congetture sul suo conto: “Hell hound on my tail”, “Me and the devil blues”, ecc…
In questa canzone lo vediamo in stazione, mentre dà l’ultimo addio alla sua donna che parte e che il suo amore, per quanto grande, non potrà trattenere. Situazione triste, senza dubbio, profondamente “blue”.
Personaggio indubbiamente suggestivo, è stato citato da Greil Marcus, nel suo saggio “Mystery train”, sulle origini del rock, come l’antenato dei grandi maledetti. Molti rockers, infatti, hanno fatto proprie le sue canzoni, primi fra tutti i Rolling Stones –loro è la cover proprio di questo brano-.
Qualcuno, fantasticando sulle coincidenze, ha notato che, come Kurt Cobain, Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Brian Jones, Amy Winehouse… anche lui morì a 27 anni; anzi, fu il primo.
Sto riscoprendo il blues anche grazie a una spettacolare serie di documentari, voluti dal grande Martin Scorsese, in cui sette registi si confrontano con aspetti diversi di questa musica: “Martin Scorsese presents the blues”, ve li consiglio assolutamente!
Tra gli ultimi a omaggiarlo c’è Davide Van De Sfroos che, amichevolmente, lo descrive come un compagno di viaggio ne “Il camionista Ghost Rider”: da sentire!
Egli è inoltre presente in un episodio in due puntate del fumetto “Dampyr” (Sergio Bonelli Editore, una garanzia), intitolati “Nato nella palude” e “Delta Blues” (n. 15-16): collana da leggere e collezionare, in quanto estremamente colta.