In questa canzone dal tono colloquiale, Niccolò Fabi illustra tutta la frenesia della modernità, riconoscendo che, per colpa di quest’ultima, gli uomini hanno perso il senso di comunità, il gusto di stare insieme: ciò che dovrebbe dare origine alla città.
Nelle strofe il cantautore vola sopra i tetti delle case di quella che alcune espressioni potrebbero denotare come Roma, ma che, in realtà, è tutte le città moderne. Osserva le metro affollate nelle ore di punta, i treni, le banche e la loro incessante attività, lo stress… quel formicaio che deve apparire dall’alto il luogo in cui viviamo.
Nel ritornello, invece, torna per le strade, si guarda intorno chiedendosi cosa tenga insieme tanta gente, cos’abbiano in comune quelle persone che si affaticano e si accalcano l’una sull’altra, arrivando alla conclusione che, in questo scenario, ad essersi perso è il significato dell’esistenza della città stessa.
Ma ha perso la città, ha perso un sogno
abbiamo perso il fiato per parlarci
ha perso la città, ha perso la comunità
abbiamo perso la voglia di aiutarci.
L’antidoto a questa progressiva disumanizzazione della città? Non è fornito: non è compito del cantautore distribuire facili soluzioni a problemi complicati.
Puntare l’indice al cuore del problema è un modo per provocare chi ascolta a farsi un paio di domande, merce rara in radio di questi tempi, che sfondino la banalità della routine, che obblighino a prendere sul serio le ragioni che giustificano lo stare insieme, perché, lentamente, si torni a edificare la città ideale.
Hanno vinto le corsie preferenziali
hanno vinto le metropolitane
hanno vinto le rotonde e i ponti a quadrifoglio
alle uscite autostradali
hanno vinto i parcheggi in doppia fila
quelli multi-piano, vicino agli aeroporti
le tangenziali alle 8 di mattina e i centri commerciali
nel fine settimana
hanno vinto le corporazioni infiltrate nei consigli comunali
i loschi affari dei palazzinari
gli alveari umani e le case popolari
e i bed & breakfast affittati agli studenti americani
hanno vinto i superattici a 3.000 euro al mese
le puttane lungo i viali, sulle strade consolari
hanno vinto i pendolari
ma ha perso la città, ha perso un sogno
abbiamo perso il fiato per parlarci
ha perso la città, ha perso la comunità
abbiamo perso la voglia di aiutarci.
Hanno vinto le catene dei negozi
le insegne luminose sui tetti dei palazzi
le luci lampeggianti dei semafori di notte
i bar che aprono alle 7
hanno vinto i ristoranti giapponesi
che poi sono cinesi anche se il cibo è giapponese
i locali modaioli, frequentati solamente, da bellezze tutte uguali
le montagne d’immondizia, gli orizzonti verticali
le giornate a targhe alterne e le polveri sottili
hanno vinto le filiali delle banche, hanno perso i calzolai
e ha perso la città, ha perso un sogno
abbiamo perso il fiato per parlarci
ha perso la città, ha perso la comunità
abbiamo perso la voglia di aiutarci.