Skip to main content
Parov Stelar

WHO IS PAROV STELAR? (Tra Groove & Electro Swing)

Marcus Fureder nasce a Linz (Austria) nel 1979. Ecco, poche informazioni ma già bastano a smorzare l’entusiasmo di qualsiasi lettore: nome “crucco” e luogo di nascita ancora più noioso. Però alt! Calma! L’apparenza inganna, stiamo per scoprire un personaggio che tutto è, fuor che noioso!

Parov Stelar

Poco si sa e poco ho trovato sui primi anni di questo ragazzo che sarà destinato a rivoluzionare il concetto di musica elettronica; inizia la sua carriera verso la fine degli anni ’90 come DJ in diversi club della sua madre patria. Qui suona dance elettronica, cambia il nome in “Plasma” (il che è tutto dire), e sembra proprio deciso ad inoltrarsi nel genere divenuto patrimonio culturale della vicina Germania (patria tra tutti dei Kraftwerk ma anche il nostro Moroder iniziò la sua carriera nel paese dei crauti).

I primi anni di dura gavetta rimangono oscuri. Il nostro è perso tra le schiere di giovani colleghi, intenti uno più dell’altro a remixare tutto e tutti, condannati quindi in massa all’anonimato del “copia-incolla” da club di provincia. Questo periodo è fondamentale per l’allontanamento dai vecchi canoni e dagli abusati stilemi dance, quasi un ritiro nell’ombra per lavorare su idee diverse, per approdare a nuovi lidi. Infatti, fino al 2004  il curriculum dell’austriaco è di assoluta insignificanza; poi, la svolta. Non ci sono notizie certe sul periodo, ma sappiamo che avvenne tutto in grande fretta: cambia nome in Parov Stelar, fonda la Etage Noir Recordings e immediatamente dà alle stampe l’EP “Kiss Kiss” e “Rough Cuts”, che lo portano di lì a poco alla notorietà internazionale.                             (www.Outsidermusica.it)

Parov Stelar

L’iter che porta la sua musica ad una graduale trasformazione si sviluppa tra il 2005 e il 2008; i primi dischi:  si sorreggono egregiamente su di un intreccio di chillout e jazz, ogni tanto vi è qualche colpo di coda che fa presagire un qualcosa di rivoluzionario. Ma non è quello che cerchiamo.

Il botto vero si ha con Daylight (consiglio di partire da quest’album) del 2008, il disegno prende forma, vi è il raffinamento sempre più consapevole che diventa marchio di fabbrica. Parov Stelar viene incoronato e riconosciuto a livello globale: precursore e pioniere di un nuovo genere, l’Electro Swing. Il concetto di swing viene rivisitato per i giorni nostri, attenzione, non viene snaturato ma rivisitato, diventa più accessibile ad un pubblico meno colto e soprattutto meno paziente all’ascolto. Un pubblico che vuole tutto subito, suoni travolgenti e ritmiche forsennate.

Tutto dello swing rimane: la predilezione per la sezione ritmica, passaggi jazzistici, improvvisazioni, pianoforte, batteria incalzante e soprattutto l’esaltazione dei fiati; sassofono e trombe diventano le armi da impiegare in prima linea. Il tutto inserito nelle pieghe di un’elettronica meno stringente. Se ci si concentra bene poco basta per essere trasportati in una Kansas City anni ’40, in qualche locale notturno, annebbiato dal fumo e percorso da interminabili improvvisazioni musicali.

Parov diventa uno degli artisti più ricercati nel suo genere e numerosissime sono le collaborazioni, i suoi pezzi vengono inseriti in oltre 700 compilation, una su tutte Buddha Bar. Contemporaneamente alla sua avventura da solista, a causa del successo riscosso, nel 2005 Parov Stelar prese la decisione di costituire una band per espandere e amplificare le sue esperienze live. La collaborazione con altri 4 musicisti influenzò notevolmente i suoi successivi lavori. I DJ sets di Parov Stelar vedono spesso la partecipazione live del sassofonista della sua band, Markus Ecklmays (Max The Sax), e occasionalmente della cantante Beate Baumgartner (Yola B).

L’esecuzione dal vivo diventa parte fondamentale, la Parov Stelar Band ha collezionato una serie di sold out nelle maggiori venues europee, grazie a spettacoli che coinvolgono suoni, luci e visual, nei quali i groove elettronici si fondono in una combinazione perfetta con la strumentazione analogica e l’esperienza del live abbraccia la club culture.

Perchè ascoltarlo quindi? La risposta ve la da direttamente Duke Ellington:

« It don’t mean a thing (if it ain’t got that swing) »

 Buona ascolto!

Mario

 

Mario

Laureato in economia, ma ciò che amo veramente è la musica e provo anche a scriverci qualcosa. “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie“ Follow @guerci_mario

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *