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INFORMARE, INTRATTENERE, EDUCARE

E’ notizia di pochi giorni fa: MTV Italia ha chiuso i battenti. Al posto suo c’è Canale 8, che si presenta come tv generalista, con programmi simili a quelli che vediamo in tutti gli altri canali.

In Inghilterra invece vi è un fiorire di canali musicali, anche tematici, tanto che non meno di un anno fa la BBC, il servizio pubblico, ha deciso di dedicare un intero canale alla musica, pubblicizzando l’evento attraverso una mega promo video con molti degli artisti più amati dal pubblico. 

In Italia, invece, gli unici canali di musica rimasti sono le playlist a rotazione dei canali tv delle radio nazionali (network come RTL, Capital, 101, ecc…). E allora l’argomento mi riguarda da vicino, perché avrei qualcosa da dire in merito.

Posto che la musica che viene suonata in radio e in tv sia la stessa (ma è così, fidatevi),

in quale frangente può essere interessante ascoltare una radio nazionale commerciale italiana, tematica o meno che sia?

  • Per fare compagnia alle nostre giornate?

Ovviamente questo resta il primo compito di chi lavora nel settore, la sua missione, anche se qualcuno riesce comunque a farlo male e a volte con cattivo gusto.

Mi interessa, però, in questo articolo, parlarvi di quello che succede in radio quando le parole finiscono.

  • Può ancora essere interessante ascoltare la radio per la sua proposta musicale?

L’archivio musicale medio di una radio è di 5000 brani, di questi ne sono trasmessi in maniera ossessiva durante il giorno solo 400.

Lasciando i calcoli da parte, se io attacco il mio iPod all’autoradio, usufruisco di un archivio che varia dalle 5000 alle 10000 canzoni, che ho scelto io, che mi piacciono e che, considerazione non meno importante, ho scoperto io! Questo grazie ai nuovi strumenti che abbiamo al giorno d’oggi per ascoltare musica.

  • Può ancora essere interessante ascoltare la radio per scoprire musica nuova?

Mi spiace deludervi anche in questo caso, ma siamo ancora ancorati a quello che decidono le grandi etichette discografiche (ormai solo 3 in Italia), ai famosi “singoli”, ai quali le nuove generazioni non daranno mai importanza, perché possono ascoltare direttamente gli album gratuitamente da Spotify e decidere quale canzone meriti di diventare una HIT; considerando che molto probabilmente se quella passata in radio in maniera ossessiva non piace, rompe pure i coglioni!

Penso che un Pietro Paletti o un Calcutta di turno (miglior disco del 2015 secondo rockit.it) non passerà mai su un network, ma continuerà ad infiammare i cuori della sua generazione, diventando il nuovo (più povero e meno conosciuto) Lucio Battisti.

E’ un paradosso, ma lo stesso presidente di Universal Italia di recente si è sfogato con la stampa per il modo che hanno i programmatori musicali di decidere le nuove HIT:

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Le radio e i giornali non ne vogliono sapere degli artisti giovani, per le nuove leve troviamo solo porte chiuse. Questo è molto grave. Le classifiche degli altri paesi sono piene di popstar giovani. Faccio un esempio con un’artista che mette d’accordo tutti: Adele ha meno di 30 anni ed è al suo terzo album di successo, mentre tra le Nuove Proposte di Sanremo 2016 diverse sono ultratrentenni”. [Alessandro Massara]

 

Sarà forse perché i programmatori musicali hanno loro stessi oltre 50 anni e non possono, per un limite fisico, generazionale, capire il pubblico più giovane? Oppure perché arrivati a quell’età, non avendo più stimoli, ma solo un enorme potere tra le mani, lo sfruttano solo per tornaconti personali?

Non spetta al sottoscritto tirare le somme di questo delirante, malato e complesso mercato, mi interessa pensare che un mezzo così bello come è la radio possa vedere un futuro roseo e prospero, senza tutte queste mafiette da quattro soldi, che mettono a repentaglio l’unico motivo per cui la radio ha senso di esistere: non per fare soldi e numeri a tutti i costi ma per permettere di educare un popolo di ascoltatori che possa discernere lui stesso ciò che è bello o no.

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 Purtroppo questa è un arma a doppio taglio, se non dai in pasto all’italiano medio le HIT, gli Evergreen, egli rischia di cambiare stazione e non ascoltarti, l’ovvia conseguenza è una diminuzione degli ascoltatori e quindi un guadagno inferiore.

La mia domanda resta sempre la stessa: è possibile rischiare di guadagnare meno soldi per poter educare un popolo a pensare con la propria testa, prendendo esempio da chi, come BBC, riesce in tutto questo?

La mission della BBC è sempre stata: Informare, Intrattenere, Educare.

Non: “fare soldi a tutti i costi”, sacrificando la vera natura del mezzo radio.

Ma questo è sempre il solito vecchio gioco del potere, una mente che segue la massa è più facile da controllare.

 

 

 

 

Samuele

Tecnico di regia radio/TV e fonico freelance. Ho iniziato a fare radio illegalmente nella cantina di casa, genio del suono e non solo. Mi piace mangiare male e fumare ancora peggio.

2 pensieri su “INFORMARE, INTRATTENERE, EDUCARE”

  1. Concordo, peraltro con persone sottopagate che non fanno neanche il minimo sforzo per sembrare tali, e si limitano a una pura analisi emozionale dei fatti… Peccato che gli articoli hanno dei titoli, quasi sempre da verità in tasca e da “noi siamo dei guru” =) grazie del commento !!!!!

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