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OMAGGIO A EDDIE VAN HALEN (1955 – 2020)

Il 6 ottobre è morto uno dei più grandi chitarristi della storia del rock.

Io non ho vissuto la giovinezza negli Anni ’80, ma i suoi miti hanno influenzato anche la mia generazione e i Van Halen erano uno di quelli.
La loro musica è stata una presenza costante nella mia vita. Da ragazzo mi gasavano parecchio, anche per come teneva il palco quel pazzo furioso del loro cantante: l’ex stuntman David Lee Roth. All’università io e i Mix de Morceaux del chitarrista Marco Torresan (Tea Leaves, Il rumore della tregua) aprivamo sempre le nostre serate con “Ain’t talkin ‘bout love” e “You really got me”; proprio l’altro giorno, invece, con la Underhouse Cover Band, abbiamo giusto provato “Jump”.

Album come “Van Halen”, “1984” o il mitico “Tokyo Dome live in concert ” non possono mancare in casa di un rocker e io, giuro, avevo il primo in musicassetta e lo ascoltavo in bici col walkman, come Marty McFly (ma a me faceva un altro effetto)!
Per non parlare di “Hot for a Teacher”: che considero quasi un inno e su cui avevo intenzione da anni di scrivere una “Daily song”…

Gli sono già stati giustamente tributati onori da chiunque e questo perché lui aveva una qualità rarissima: piaceva a tutti.
Non era un piantagrane, non veicolava contenuti politici con la sua arte, o messaggi controversi o scandalosi: il suo hard rock è frizzante, esplosivo, dà la carica, pur restando, in fondo, innocuo. Certo, la sua è una musica potente e molto sensuale, ma sul finire degli Anni ’70 e nei primi Anni ’80 l’iconografia del “ribelle” cotonato (e un po’tamarro) era assolutamente mainstream, e i record di vendite di molti album della sua band lo dimostrano.

Eppure, spesso è capitato che la popolarità distruggesse molti buoni talenti, che scendevano a compromessi con le regole del mercato, svendendo la loro arte per facili guadagni.
Ecco, questo a lui non è capitato per un motivo molto semplice: Eddie Van Halen non è stato solo un virtuoso strabiliante, ma un musicista oggettivamente geniale, e questa caratteristica si impone sempre. La ricerca di un suono personale, di una distorsione originale, una tecnica mostruosa, che gli permetteva di fare assoli rapidissimi e bending e tapping estremi, unite a una grande intelligenza melodica, che si nota anche nei suoi riff meno “vulcanici”, sono ciò che contraddistingue il suo stile.

Qualcuno lo ha paragonato addirittura a Mozart, sostenendo di sentirne un’eco nelle sue canzoni: il fatto che il figlio di Edward si chiami proprio Wolfgang, non smentisce questa tesi.
Per essere più chiari: nel film demenziale “Tenacious D“, Ben Stiller dice a Jack Black e Kyle Gass che il merito del successo di Van Halen sta nel suo plettro: un dente di Satana che gli concede doti sovrannaturali. Certo, è una cagata, ma in un mondo di grandi chitarristi, lui è quello per cui suona più credibile (per un’inquietante coincidenza, lui teneva spesso il plettro di rame in bocca, proprio dove si è sviluppato il tumore che l’ha portato alla morte).

https://youtu.be/L9r-NxuYszg  

Figlio di un olandese e di una indonesiana, Eddie vide spesso quest’ultima maltrattata per strada, nella sua città natale, insultata perché proveniente dalle colonie. Lui stesso subì violenze ripetute, tanto che la sua famiglia decise di trasfersi in America dall’Olanda nel 1962. Eppure, anche lì, gli unici che proteggevano lui e suo fratello (futuro batterista della band omonima) e prendevano le loro difese erano i “negri”, che vivevano la stessa emarginazione sociale e le stesse violenze.
Che tutto questo “blues” sia confluito nella sua musica rendendola più intensa è indubbio. Non può nascere grande arte se non dalla sofferenza (anche se lui non parlerà mai apertamente di questi episodi).

https://youtu.be/b1NmPFgdt6Y

Brian

Amo mangiare, bere, dormire e... Cosa mi distingue da un grosso orso? Pochi peli e l'amore per la musica. Genere preferito? Femminile, naturalmente! PS: sono marito, padre e professore, ma questa è un'altra storia...

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